Il pepe ha la qualità preziosa della discrezione, è l’ingrediente segreto per eccellenza. Aggiunto a fine cottura si annusa, si respira, si assapora, nascosto nelle miscele rimane in incognito, silenzioso e oscuro ingrediente delle streghe.
Checché se ne dica, il pepe ha ben poco da invidiare al peperoncino. Il piper nigrum, dal sanscrito pippali, è la pianta da cui provengono sia il pepe verde (quando il grano viene raccolto acerbo), sia il pepe nero (arrivato a maturazione ed essiccato), sia il pepe bianco (raccolto a maturazione e privato della scorza).
In origine cresceva rigoglioso solo nel Sud dell’India e nelle zone limitrofe, ma da lì ha varcato i confini per la prima volta più di duemila anni fa seguendo la Via delle Spezie e passando tra le mani di mercanti, cuochi e speziali e arricchendo enormemente i portoghesi grazie al gap tra il prezzo d’acquisto in India e quello di smercio sui banchi del mercato di Lisbona, non troppo diversamente da quanto avviene ancor oggi.

Stai trovando interessante questo articolo?
Iscriviti alla nostra newsletter, riceverai solo le informazioni più rilevanti per te e potrai leggerle quando vorrai.
Annoverato tra le spezie più apprezzate nell’ayurveda, il pepe è stato utilizzato dagli speziali e dagli erboristi d’Occidente fin dai tempi dell’antica Roma quando era consigliato per preparare elisir d’amore e come bacca rinvigorente. È una spezia antica, regale, individualista, ma non troppo; capace di arricchire tutto quello che tocca, per certi versi più aristocratico e raffinato del peperoncino, il pepe è adatto anche ai palati più sensibili, ma poco famoso e meno sfruttato nonostante il successo che stanno conoscendo le spezie nella ristorazione contemporanea.

Il piper nigrum, oltre a oleoresine, olii essenziali, glicosidi e polisaccaridi contiene piperina un alcaloide che favorisce l’assorbimento dei nutrienti aumentando la biodisponibilità e potenziando quindi l’effetto benefico. Questo l’ha reso e lo rende tuttora una spezia eclettica e fondamentale per l’industria, sia in ambito food che nutraceutico.
Comunemente vengono identificati come “pepe” anche cubebe, pepe lungo, pepe selvatico e pepe rosa, ma si tratta in realtà di finti pepi, ovvero di bacche aromatiche dal profilo sensoriale pungente e persistente come quello del vero pepe. Tra le miscele ancora più utilizzate c’è la creola, un mix di pepe e finti pepi adatto a carne e carnei lavorati. Il profilo sensoriale del pepe è caratteristico e cambia a seconda delle zone di provenienza, ben nota nell’industria alimentare è la differenza tra i profili aromatici del black pepper di provenienza Brasile e del famoso TGEB di provenienza indiana, la % di piperina ne caratterizza invece la differenza dal punto di vista nutraceutico.
Il profilo aromatico del pepe indiano è più persistente e pungente, quello del pepe brasiliano è più tondo e caldo. Queste peculiarità, unite alle proprietà organolettiche e ai vantaggi offerti dalla piperina, ne fanno una delle spezie ad oggi ancora più richieste sul mercato. E’ sempre meglio preferire un buon rapporto qualità-prezzo che sia realmente compatibile con le esigenze dei produttori e degli importatori al fine di limitare il più possibile la presenza sul mercato di spezie di bassa qualità che non garantiscono né la salute del consumatore, né un’economia di scambio virtuosa tra paesi produttori e importatori.
Per approfondimenti contatta:
Giordana Pagliarani: giordana.pagliarani@garzantispecialties.it
Giorgio Puricelli: giorgio.puricelli@garzantispecialties.it